Del laboratorio da cui è nato il volume, Luigi Bernardi scriveva:
Un laboratorio di scrittura è prima di tutto la scelta di qualcosa di concreto sul quale far lavorare i partecipanti. Il tema dev’essere abbastanza elastico da lasciare liberi la fantasia e lo stile di scrittura, ma non troppo aperto per tenere comunque concentrate le narrazioni, e le discussioni che vi si svolgono intorno.
I laboratori di scrittura spesso non sono altro che esercitazioni capaci di acuire la sensibilità e l’intelligenza dei partecipanti, ovvero di persone che hanno voglia di scrivere ma non sempre trovano la concentrazione per farlo, o anche l’idea giusta dalla quale partire.
Ecco allora che la scelta del tema diventa fondamentale. Un fatto di cronaca, di solito, è un buon punto di partenza: la realtà è talmente fantasiosa e contorta che ricercare le motivazioni di un gesto è già esercizio che mette in moto l’immaginazione di chiunque. Un altro esercizio che si affronta sempre con un certo successo è la riscrittura, ovvero il prendere qualcosa che esiste e rimodellarlo secondo la propria sensibilità.
La storia di Antonio Patò è un buon punto di partenza per un laboratorio di scrittura, perché combina quella che potrebbe essere una notizia di cronaca con l’idea della riscrittura. Se poi il laboratorio, come nel nostro caso, si svolgeva in Sicilia, la terra del protagonista della storia, di coloro che l’hanno raccontata, e di tutti i partecipanti, allora si poteva davvero partire da lì, da Antonio Patò e dalla botola in cui scomparve.
Cinquant’anni prima, durante le recite del “Mortorio”, cioè della Passione di Cristo secondo il cavalier D’Orioles, Antonio Patò, che faceva Giuda, era scomparso, per come la parte voleva, nella botola che puntualmente, come già un centinaio di volte tra prove e rappresentazioni, si aprì: solo che (e questo non era nella parte) da quel momento nessuno ne aveva saputo più niente; e il fatto era passato in proverbio, a indicare misteriose scomparizioni di persone o oggetti.
Con queste parole, Leonardo Sciascia, nel finale di A ciascuno il suo, quasi con noncuranza, costruisce un personaggio e un fatto destinati a imprimersi indelebilmente nella memoria dei lettori. Ne sa qualcosa Andrea Camilleri, che della storia di Antonio Patò ha dato ben due versioni (La scomparsa di Patò, Mondadori, 2000; e Ipotesi sulla scomparsa di Antonio Patò, in Gocce di Sicilia, Edizioni dell’Altana, 2001), ne sanno qualcosa tutti coloro che si sono soffermati su quelle poche righe per immaginarsi un loro proprio Patò e un motivo che ne spiegasse la scomparsa.
Il nostro laboratorio è partito da lì, da un personaggio di nome Antonio Patò e dalla sua scomparsa durante una rappresentazione. Quale fosse la rappresentazione e se Patò conservasse i caratteri originari suggeriti da Sciascia è stato lasciato all’interpretazione degli autori, alla loro sfida.
È stata una bella sfida, direi vinta, come confermano i racconti pubblicati in questo volume. Dieci erano i partecipanti al laboratorio, selezionati su una rosa almeno tripla di aspiranti; una – Mara Nicolosi – si è infilata in una storia troppo lunga e complessa, di cui però non mi meraviglierebbe scoprirne un giorno la pubblicazione, in un volume a se stante. Questo libro contiene i racconti degli altri nove partecipanti e dei quattro “ospiti” che ho voluto chiamare a confrontarsi con il tema del laboratorio. Sono Beatrice Monroy, Claudia Cincotta, Simona Dolce e Caterina Spina, la prima direttrice della libera scuola di scrittura che ci ha ospitati, le altre tre già brillanti allieve di altri miei corsi palermitani: i loro racconti li trovate in apertura e in chiusura del libro.
Una sola cosa ancora. Un laboratorio è il luogo e il tempo in cui ci si interroga, si discute, ci si confronta. La scrittura è invece un momento privato, che ognuno conduce secondo i propri tempi e la propria attitudine. La discussione ha fatto sì che non ci fossero racconti particolarmente simili l’uno all’altro. La lettura pubblica ha individuato difetti e proposto correzioni. La revisione finale che ho compiuto è stata molto leggera. Credo, da sempre, che lo scrittore debba mostrarsi per quello che è, con i suoi pregi e i suoi difetti, mai appiattito sui desideri – spesso i pregiudizi – di questo o quell’editor, come va di moda adesso. Perciò, statene pure certi, ogni racconto esprime la fantasia e lo stile di chi l’ha scritto. Di mio, oltre alla pazienza nel tenere a bada quattordici fantasie scatenate e all’orgoglio di aver portato a termine il lavoro, avrei voluto mettere una personale storia di Patò, solo che non si è lasciata acchiappare…
Hanno partecipato al laboratorio Le altre scomparse di Patò: Mari Accardi, Rossella Caleca, Adele Cammarata, Claudia Cincotta, Annalisa Conte, Beatrice Monroy, Simona Dolce, Rosario Palazzolo, Luca Panzarella, Rino Parlapiano, Marco Pomar, Turi Rubino e Caterina Spina. I loro racconti sono pubblicati nel volume omonimo edito da Edizioni Della Battaglia. Il libro non è reperibile presso i bookshop online, potete provare a richiederlo a Libr'aria.